diade - 2025
Ave Medea è una preghiera generativa, collettiva e poetica.
È un dispositivo scenico che dissolve i confini tra teatro, musica, poesia e installazione performativa.
È un paesaggio.
La scena è uno spazio spoglio, brutale e al tempo stesso solenne. È la camera del segreto, la stanza della tragedia. Una selva di sessanta aste microfoniche nere compone un volume architettonico, un'installazione scultorea mutante. Linee spezzate, vuoti, tensione verso l’alto, come a cercare la luce o l’aria. Profondità, riflessi, durezza simile ad armi, fucili o lance. Barricate, puntelli contro le rovine di una landa desolata. Sono aste senza microfono: una funzione interrotta, surreale, una possibilità in attesa. Esprimono una moltitudine di voci potenziali, inascoltate. Densità di folla, ma anche solitudine. Uno spazio pieno che suggerisce un silenzio, un vuoto, in qualche modo un luogo sacrale: le rovine di un tempio o un cimitero, un teatro misterico. Sullo sfondo, uno spiraglio di luce ci fa intuire l’esterno, ciò che è al di là. Siamo sulla soglia.
In una luce livida, orizzontale e diffusa come quella dei paesi nordici, si scorgono due figure androgine, in abito elegante di taglio maschile e lunghi capelli intrecciati. Sono sedutə su due poltrone Wassily, troni contemporanei di pelle e metallo, scrutano il paesaggio, sensuali, sicurə di sé.
Ah si adesso grida fatevi tutti orecchi - Apriamo lo spettacolo con uno squarcio. Il cadavere è nella stanza. - Sta bruciando Ridete Vi voglio veder ridere / È una commedia il mio spettacolo Ridete - Il pubblico non può ignorarlo. Le parole di Medea guidano il nostro sguardo, uno sguardo pornografico, da peep-show, quello con cui osserviamo assuefatti e imperturbabili le rovine del mondo che ci circonda. La desolazione interiore e la devastazione che Medea ci mostra non può che condurci verso la periferia della narrazione e la costruzione di un grande paesaggio poetico il cui sfondo è Medea stessa: il suo dramma, l’atto tragico, è archetipo della condizione umana. - Sullo sfondo però Medea con il fratello / in braccio Tagliato a pezzi L’esperta / In veleni.
Ma chi è Medea? Sulla nostra scena Medea non è presente, è evocata, come in un rito magico, una preghiera. Lə performer qui non interpretano un personaggio, non sono Medea o Giasone, non sono nemmeno dei narratori, sono se stessə, voce e corpo dell’umanità: sono un io collettivo che attraverso le parole e le azioni incarna il mondo poetico di Müller.
“Voglio spezzare in due tutta l'umanità
E sedermi nel vuoto tra due tronconi Io
Né donna né uomo”
Riva abbandonata Materiale per Medea Paesaggio con Argonauti di Heiner Müller non è soltanto un testo teatrale, in primo luogo è un testo poetico che trova la sua forza nella scelta, nel ritmo e nella sonorità delle parole. Ritmo e sonorità paragonabili alla musica. Trattiamo le parole di Müller proprio come fossero delle cellule musicali e scaviamo in esse fino al raggiungimento di un senso più profondo, quello che non risiede nel significato letterale ma se ne allontana, anzi, per lasciare spazio al suono. È un approccio generativo che sfrutta le possibilità combinatorie, le ripetizioni, gli accenti, la ritmica interna del verso per comporre un tessuto sonoro, un meccanismo che si evolve dando vita a un paesaggio composto di voci.
Il paesaggio di Müller è un paesaggio di guerra, di carri armati su terre desolate, ricoperte di scarti del mondo capitalistico. È la Waste Land di T.S. Eliot trasposta nei nostri giorni, è lo squallore e l’alienazione della vita metropolitana moderna, il predominio del mercato, dei media, nuovi sterili miti contrapposti alla lingua universale di miti antichi come Medea. È l’oppressione, il genocidio, lo sfruttamento del terzo mondo, delle minoranze, della donna.
“Il paesaggio ha vita più lunga rispetto all’individuo. E nel frattempo attende la scomparsa dell’uomo, il quale lo sfrutta senza alcun riguardo per il proprio futuro di appartenente a una specie.” (H. Müller)
“Questi frammenti con cui ho puntellato le mie rovine” (T.S.Eliot, The Waste Land)
“Paesaggio con Argonauti presuppone le catastrofi che l'umanità sta attualmente preparando. [...] Come in ogni paesaggio, in questa parte del testo l'Io è collettivo. La simultaneità delle tre parti del testo può essere illustrata a piacere.” (H. Müller)